Quantificazione delle chances di sopravvivenza e obbligo di motivazione.

di Giulio Biancardi -

Un uomo si recava al pronto soccorso in preda a forti dolori addominali. Era ricoverato con una diagnosi di colica addominale, a causa di una rottura dell’aneurisma dell’aorta addominale, già presente al momento del ricovero. Nonostante l’intervento chirurgico d’urgenza, il paziente moriva, in conseguenza di ripetuti arresti cardiaci.

Il procedimento penale a carico dei medici si chiudeva con l’archiviazione, sulla base di una perizia da cui emergeva l’assenza di manchevolezze nel loro operato.

Il Tribunale rigettava la domanda risarcitoria proposta in sede civile dalla moglie del defunto contro l’Azienda sanitaria, ritenendo indimostrata la negligenza o imperizia dei medici e, a monte, il nesso causale tra le loro condotte e la morte del paziente.

Viceversa, la Corte d’appello accoglieva la doglianza dall’attrice, accertando l’esistenza di un danno da perdita di chance di sopravvivenza, e condannando l’Azienda sanitaria a pagare all’attrice circa 250.000 euro.

Infatti, si ravvisava nella CTU la prova di una condotta imperita dei medici, i quali, a fronte di un paziente con aneurisma in atto e del peggioramento dei dati ematochimici, avrebbero dovuto sottoporlo con urgenza ad una tac con mezzo di contrasto, la quale, se eseguita immediatamente, avrebbe consentito di eseguire un intervento chirurgico di riparazione. In tal caso il paziente avrebbe significativamente aumentato le proprie chances di sopravvivenza.

L’Azienda convenuta affidava a due motivi il suo ricorso per cassazione.

La Suprema Corte dichiarava inammissibile il primo motivo – in quanto volto a contestare una valutazione in fatto – che denunciava l’omesso esame della relazione peritale dei consulenti del PM, nonché della relazione peritale del CTU nella sua interezza.

Viceversa, accoglieva il secondo motivo di ricorso, relativo alla quantificazione del danno da perdita di chance, ritenuta del tutto arbitraria.

Infatti, la Corte d’appello aveva enunciato i criteri di calcolo del risarcimento del danno da perdita di chances, in base alla tabella del Tribunale di Milano aggiornata al 2021, ma aveva svolto il passaggio successivo in modo “del tutto privo di alcuna giustificazione”, individuando nel 40% le possibilità di sopravvivenza del paziente, se fosse stato sottoposto tempestivamente all’intervento. Nella motivazione della stessa sentenza si leggeva, sulla scorta delle perizie, che “le probabilità di scongiurare il decesso si sarebbero attestate in una percentuale inferiore al 25%”, ma non era indicata la ragione per cui la Corte avesse ritenuto di elevare al 40% la misura delle chances perdute.

La sentenza veniva quindi cassata con rinvio, in ragione della mancanza “dei passaggi logici che facciano comprendere come si giunga proprio alla percentuale del 40% piuttosto che ad un’altra”, e della mancanza di una motivazione ancorata ad un ragionamento logico, che spieghi perché la Corte abbia ritenuto di ritenere provata questa percentuale di perdita di chances.

Cass. civ. 22 gennaio 2024, n. 2152