Quali i profili di danno risarcibili ai fratelli del de cuius: la Cassazione si pronuncia su di un caso di assoluta particolarità

di Maria Grazia Peluso -

Con Ordinanza n. 5606 del 2024 la Corte di Cassazione ha affrontato il profilo dei danni risarcibili ai fratelli del de cuius, in un quadro di una vicenda di assoluta particolarità e drammaticità.

Nel caso di specie, nel 1997 la madre dei ricorrenti dava alla luce tre bambini, di cui uno nato morto. All’esito del parto la donna subiva un infarto. Nell’ambito del procedimento instaurato nei confronti dell’azienda ospedaliera per malpractice emergeva l’occultamento della salma del terzo gemellino.

Veniva così aperto un procedimento penale a carico del personale sanitario, effettivamente condannato per falso in atto pubblico, ove emergeva come il corpicino del bambino fosse stato “sostituto” nella tomba, senza essere mai più ritrovato e senza giungere ad accertare i dettagli della vicenda.

I familiari agivano pertanto in giudizio per il risarcimento dei danni non patrimoniali derivanti dal trauma subito a causa della sparizione del corpo del bambino.

All’esito del giudizio di primo grado, riconosciuta la responsabilità dell’ospedale per non avere restituito la salma del neonato, il Giudice condannava quest’ultimo al risarcimento in favore della madre di euro 350.000, del padre di euro 150.000 e dei due fratelli di euro 40.000 ciascuno. La minor somma riconosciuta ai fratelli veniva motivata dal fatto che essi, data la loro giovane età, non avrebbero compreso e vissuto a pieno il dolore del lutto; consapevolezza che avrebbero ottenuto dopo diverso tempo e che per il Tribunale giustificava un risarcimento esiguo.

Veniva proposto appello da parte del padre e dei fratelli. La Corte d’Appello, dopo aver dichiarato inammissibile la domanda di condanna al risarcimento del danno da morte, in quanto nuova e in ogni caso essendo questo un danno non riconoscibile, riformava la sentenza unicamente in favore del padre del gemellino nato morto, riconoscendogli un risarcimento del danno pari ad euro 300.000.

Proponevano ricorso per Cassazione i due fratelli del de cuius, lamentando come il Giudice di seconde cure non avesse valorizzato in modo coerente il patimento da loro subito. La perdita del fratello, lamentano i ricorrenti, aveva difatti causato loro danni tutt’oggi patiti, non avendo potuto essi non solo elaborare correttamente il lutto, ma avendo subito un danno da perdita del rapporto parentale col fratello oltre che aver subito le conseguenze che l’evento ha rispecchiato sulla loro formazione e sull’equilibrio familiare. Quest’ultima voce di danno, sostengono i ricorrenti, spiegherebbe tutt’oggi dei riflessi sulla loro vita; difatti, esso ha inciso profondamente sulla loro condizione psicologica, costringendo i ricorrenti a sottoporsi a terapia e mostrando – uno di essi –rilevanti problemi di equilibrio ponderale connessi ai problemi piscologici.

La Corte, dopo aver riconosciuto l’assoluta particolarità della vicenda, ha respinto il ricorso.

I Giudici hanno difatti rilevato come correttamente la Corte d’Appello avesse riconosciuto la tardività delle domande svolte dai due fratelli, dovendo il giudizio circoscriversi unicamente in relazione alla domanda avanzata in primo grado e, dunque, in relazione al danno subito per il dolore derivante dalla sparizione del corpicino e non aver potuto correttamente elaborarne il lutto. Quest’ultima voce di danno – rileva la Corte – è stata accertata e motivata dal Giudice di seconde cure con una motivazione non del tutto priva di logica e, dunque, esclusa dal vaglio di legittimità.

I Giudici precisano come alcun danno da lesione del rapporto parentale poteva in ogni caso essere riconosciuto ai fratelli, anche qualora la domanda fosse stata promossa tempestivamente. Non essendo stata accertata una negligenza della struttura per il decesso del gemellino, essa non avrebbe dunque leso il rapporto parentale con i familiari. I ricorrenti avrebbero piuttosto dovuto spiegare domanda di risarcimento del danno da lesione del rapporto parentale con la madre, deducendo di aver subito un danno non solamente avuto riguardo al dolore derivante dalla sparizione della salma del fratello, ma anche per i pregiudizi derivanti dalla lesione del rapporto con la madre a seguito del danno biologico e morale da quest’ultima patito.

Rilevata la tardività delle domande, la Corte ha pertanto rigettato il ricorso, compensando le spese di giudizio tra le parti a fronte della particolarità della vicenda.

cass. civ. 1 marzo 2024 n. 5606