Morte per causa “assolutamente incerta” e omissioni diagnostico-terapeutiche del personale medico: rilevanza della probabilità logica (e irrilevanza della probabilità statistica) nell’accertamento del nesso causale

di Patrizio Cataldo -

Una paziente si recava in un pronto soccorso accusando dolore al torace.

I medici, dopo aver effettuato un elettrocardiogramma, una radiografia del torace ed un prelievo ematico volto a verificare i valori della troponina, non ritenevano necessari ulteriori approfondimenti diagnostici e dimettevano la paziente, la quale decedeva il giorno successivo.

L’erede avviava un procedimento di accertamento tecnico preventivo, all’esito del quale il CTU ipotizzava, quali possibili cause del decesso, l’infarto del miocardio, gli aneurismi dell’aorta toracica, la dissociazione aortica, l’embolia polmonare oppure patologie acute del circolo celebrale.

Il consulente tecnico d’ufficio riteneva impossibile determinare quale causa fosse più probabile delle altre e, quindi, considerava assolutamente incerta la causa concreta della morte.

La consulenza dava altresì atto di alcune omissioni e lacune attribuibili al personale medico, come la mancata registrazione dei parametri di base nella cartella clinica, la mancata rilevazione dell’anamnesi della paziente, l’omessa verifica dei dosaggi ematici ulteriori rispetto a quelli della troponina, la mancata esecuzione di un secondo elettrocardiogramma prima delle dimissioni.

L’elaborato del consulente richiamava, tra le altre cose, l’elevata probabilità statistica dell’infarto del miocardio come causa di morte delle persone di età medio-avanzata, come quella della paziente, e configurava l’astratta possibilità che, qualora la morte fosse stata dovuta all’infarto, la patologia sarebbe stata riscontrata con l’avvenuta esecuzione delle attività diagnostiche-terapeutiche omesse dal personale medico.

Il Tribunale di Ancona respingeva le domande avanzate dall’erede della paziente deceduta. La decisione è stata impugnata dinanzi la Corte di Appello di Ancona, che ha confermato la sentenza di primo grado.

La Corte ha ritenuto insussistente il nesso causale tra la condotta dei medici e la morte della paziente. Nella decisione in commento è stato specificato che, ai fini dell’accertamento della causalità giuridica, non può venire in rilievo la mera probabilità statistica, dovendo invece farsi riferimento alla probabilità logica, desumibile dai dati a disposizione del giudice. L’assoluta incertezza delle cause di morte non consente di stabilire un nesso di causa diretto tra il comportamento clinico e il decesso della paziente e tale circostanza assume carattere dirimente nel senso dell’esclusione della responsabilità della struttura nosocomiale.

La Corte di Appello ha altresì precisato che non è possibile far derivare dalla mancata effettuazione di accertamenti diagnostici, pur in astratto dovuti, la sussistenza del nesso causale tra la condotta del personale medico e l’evento dannoso allorché, come nel caso di specie, non sia stata fornita dal danneggiato una prova sufficiente dell’idoneità dell’azione e/o dell’omissione del personale medico a determinare l’evento stesso.

A tal fine sarebbe stato necessario che vi fosse una ragionevole elevata probabilità (almeno nei termini del principio “più probabile che non”) che la signora fosse effettivamente affetta da infarto del miocardio: l’istruttoria non ha consentito di escludere aprioristicamente le possibili (ed egualmente plausibili) cause di morte diverse dall’infarto e, di conseguenza, non è stato provato dall’attore il nesso di causa tra il comportamento del personale medico e il decesso della paziente.

La sentenza ha rilevato, inoltre, che le omissioni diagnostico-terapeutiche dei medici del pronto soccorso non devono essere valutate “a posteriori”, ma vanno considerate nella logica della prognosi postuma, ponendosi nella posizione di un operatore sanitario medio posto dinanzi alle specifiche condizioni del caso concreto: in tale ottica l’ipotetico omesso migliore comportamento diagnostico dei sanitari non appare così grave e determinante da poter essere considerato, esso stesso, causa dell’impossibilità dell’accertamento del nesso causale.

Con riferimento alla mancata esecuzione dell’autopsia, la Corte ha chiarito che le cause di un decesso non devono essere necessariamente provate mediante un esame autoptico, che l’erede non ha presentato, come avrebbe potuto, istanza per effettuare tale accertamento e comunque, pur essendo ignoti gli antecedenti causali del fenomeno determinante la morte, il decesso era pacificamente riconducibile ad un arresto cardiocircolatorio irreversibile e, in tali casi, non è sempre necessaria la disposizione dell’esame autoptico, a meno che non si voglia riconoscere l’esistenza di un obbligo generale ed ordinario di esecuzione di tale esame in presenza di possibile incertezze sulle cause ultime della morte.

App. Ancona 22 gennaio 2024 oscurata