IRRETROATTIVITA’ DELLE NORME RELATIVE ALLA QUALIFICAZIONE DELLA RESPONSABILITA’ DELL’ESERCENTE LA PROFESSIONE SANITARIA

di PATRIZIA ZIVIZ -

CASS., CIV., III sez., 11 novembre 2019, n. 28994

IRRETROATTIVITA’ DELLE NORME RELATIVE ALLA QUALIFICAZIONE DELLA RESPONSABILITA’ DELL’ESERCENTE LA PROFESSIONE SANITARIA

Un ginecologo viene condannato – in primo e secondo grado – per i danni patiti da un neonato al momento del parto, avvenuto nel dicembre del 1992: ciò in quanto, a fronte di una gravidanza a rischio, non aveva sconsigliato alla madre, sua paziente, il ricovero presso la struttura sanitaria (della quale risultava collaboratore) non adeguatamente attrezzata per la terapia neonatale.  I giudici di legittimità sono chiamati a pronunciarsi sul ricorso del professionista, il quale sostiene che – secondo quanto stabilito dalla normativa introdotta, nel 2012, dalla legge Balduzzi – la sua responsabilità dovesse essere disciplinata dall’art. 2043 c.c., e non dalle regole della responsabilità da contatto sociale. Tale richiesta viene respinta dalla S.C., secondo cui le regole di qualificazione della responsabilità introdotte dalla normativa sopravvenuta non hanno efficacia retroattiva.

Ad essere prese in considerazione sono le disposizioni contenute nella legge Balduzzi (art. 3, comma 1, del d.l. n. 158 del 2012 convertito con modificazioni nella l. n. 189 del 2012), nonché nella successiva legge Gelli (art. 7, comma 3, della l. n. 24 del 2017). Posto che all’interno di entrambi i provvedimenti sono assenti specifiche disposizioni transitorie volte a sancirne l’efficacia retroattiva, si tratta – secondo i giudici di legittimità – di fare riferimento all’art. 11 delle disp. prel. cod. civ., il quale afferma che la legge non dispone che per l’avvenire.

Passando a un esame più specifico delle norme richiamate, la Cassazione appare propensa – con riguardo alla legge Balduzzi – ad accogliere l’idea che tale provvedimento non sancisca una configurazione extracontrattuale della responsabilità del sanitario, in quanto il richiamo all’art. 2043 c.c. avrebbe l’esclusivo scopo di definire in modo indiretto l’oggetto dell’obbligazione, di carattere risarcitorio, comunque gravante sul medico che abbia agito con colpa lieve. Diversamente accade per l’art. 7 della legge Gelli: norma la quale – discostandosi dal diritto vivente, propenso ad applicare la teoria del contatto sociale – qualifica in termini aquiliani la responsabilità del sanitario operante nella struttura, ad esclusione del caso in cui agli abbia assunto contrattualmente l’obbligazione.

La Cassazione riconosce che – attraverso l’intervento normativo – non viene ad operare alcuna successione di leggi nel tempo; ciò che viene messo in atto è una “qualificazione, da parte del legislatore di una classe di fatti e la loro sussunzione in una fattispecie legale, già presente nell’ordinamento”.  Interrogandosi sul rapporto che intercorre tra la qualificazione del rapporto giuridico operata in sede legislativa e il potere qualificatorio spettante al giudice, la Cassazione rileva che un’applicazione retroattiva della prima verrebbe a violare le funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario: ciò in quanto “un siffatto intervento legislativo verrebbe a interferire comunque con il potere ordinariamente riservato al giudice di interpretare i fatti e qualificarli giuridicamente, venendo così inamissibilmente ad incidere, seppure indirettamente, sui singoli processi in corso, con patente lesione dell’affidamento di chi ha intrapreso un’azione giudiziaria sulla base di regole sostanziali certe, come quelle della natura ‘contrattuale’ della responsabilità del sanitario (…) applicate in base al diritto vivente”. La conclusione cui pervengono i giudici di legittimità è, dunque, che le norme della legge n. 189/2012 (c.d. Legge Balduzzi) – nonché quelle successive della legge n. 24/2017 (c.d. Legge Gelli) – relative alla qualificazione della responsabilità dell’esercente la professione sanitaria non hanno efficacia retroattiva. Nell’enunciare tale principio, i giudici di legittimità pongono in luce la differenza che ricorre tra tali disposizioni e le norme, contenute nelle due leggi, che prevedono l’applicazione degli artt. 138 e 139 del codice delle assicurazioni private, in quanto queste ultime risultano di immediata applicazione anche ai fatti pregressi.

Il nodo affrontato dai giudici di legittimità riguarda l’inquadramento della responsabilità del medico nelle ipotesi in cui non sia stato direttamente instaurato un legame di carattere contrattuale con il paziente: questione sulla quale si è scatenato un intenso dibattito in seguito alle indicazioni normative contenute dalla legge Balduzzi, con riguardo al richiamo – operato dall’art. 3, comma 1 – all’art. 2043 c.c. Secondo la S.C. quest’ultima disposizione non determinerebbe l’inquadramento della fattispecie in ambito extracontrattuale, essendo il riferimento all’art. 2043 c.c. finalizzato esclusivamente a definire in modo indiretto l’oggetto dell’obbligazione. L’applicazione al medico dello statuto della responsabilità aquiliana risulta, invece, esplicitamente, sancita dalle disposizioni contenute nella legge Gelli, con tutte le implicazioni operative – con particolare riguardo all’onere della prova e alla prescrizione – che ciò comporta. La S.C. esclude l’applicazione retroattiva dell’inquadramento extracontrattuale della responsabilità medica: destinato a operare solo per i fatti verificatisi successivamente all’entrata in vigore della legge Gelli. Per quanto concerne la legge Balduzzi, l’applicazione della stessa non comporta – secondo la Cassazione – il superamento della qualificazione contrattuale della responsabilità del sanitario; in ogni caso, anche a voler accogliere l’opinione contraria, il nuovo inquadramento andrebbe applicato solo ai fatti intervenuti successivamente all’entrata in vigore della legge, sulla base delle stesse argomentazioni su cui si fonda l’irretroattività dell’art. 7 della legge n. 24/2017.

Resta da segnalare come del tutto extemporanea appaia la contrapposizione che la S.C. – in sede di affermazione del principio di diritto – delinea tra l’irretroattività relativa alle norme sostanziali contenute nella l. 189/2012 e nella l. 24/2017 e la retroattività delle disposizioni le quali, in seno alle due leggi, affermano l’applicazione, in punto di liquidazione del danno, degli artt. 138 e 139 del codice delle assicurazioni private. Si tratta, infatti, di una conclusione – volta ad uniformarsi alle indicazioni contenute in altra pronuncia depositata nella fatidica data di San Martino 2019 – che non trova alcun aggancio all’interno delle motivazioni della sentenza, le quali sembrerebbero, anzi, smentire un’affermazione del genere: visto che, anche in quest’ultimo caso, non si tratta di affrontare la successione di diverse norme di legge, bensì l’applicazione di una regola normativa che interviene a modificare una prassi giurisprudenziale consolidata, finalizzata all’esercizio uniforme della discrezionalità giudiziale nella liquidazione del danno non patrimoniale derivante da lesione alla salute.

PATRIZIA ZIVIZ

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