Funzione probatoria e aporie logiche. Sulla consulenza tecnica d’ufficio.

di Stefano Corso -

Un paziente, sottoposto sin dalla nascita a ripetute trasfusioni di sangue, poi risultato infetto, moriva a seguito di una patologia al fegato. La domanda con cui aveva chiesto il riconoscimento dell’esistenza del nesso eziologico tra le trasfusioni subite e la patologia diagnosticata era stata rigettata dalla commissione medica ospedaliera per intempestività e gli eredi non ricevevano l’indennizzo di cui alla l. n. 210 del 1992, avendo ottenuto però la formale attestazione non solo dell’esistenza del danno subito dal congiunto, ma anche della sua derivazione causale dalle trasfusioni.

Agivano quindi in giudizio nei confronti del Ministero della salute, domandandone la condanna al risarcimento del danno subito per la perdita del congiunto.

La Corte d’appello di Catania, chiamata pronunciarsi sul gravame avanzato verso la sentenza del giudice di primo grado che aveva rigettato la domanda, riteneva che non potesse essere provato il nesso causale tra la patologia causata dalle emotrasfusioni e il decesso, da un lato, non essendo stata prodotta la documentazione sanitaria per disporre l’accertamento, tramite CTU, delle cause della morte del paziente, per come accertato con la consulenza espletata nel procedimento instaurato dallo stesso a carico del Ministero, e, dall’altro, non potendo assumere efficacia probatoria la valutazione della commissione medica ospedaliera. Per la stessa ragione ha rigettato, dunque, la richiesta di CTU.

La sentenza con cui è stato rigettato l’appello è stata impugnata con ricorso per cassazione.

La Corte ribadisce innanzitutto l’orientamento, espresso dalle Sezioni unite nella sentenza n. 19129 del 2023, secondo cui, pur non avendo il verbale della commissione valore di confessione, nel giudizio promosso nei confronti del Ministero della Salute per il risarcimento del danno derivato dall’emotrasfusione, l’accertamento effettuato in sede amministrativa del nesso di causa fra la trasfusione e l’insorgenza della patologia si può utilizzare a fini della prova del nesso medesimo, che va fornita dalla parte che agisce in giudizio.

Quanto alla consulenza tecnica, i giudici di legittimità osservano che, nonostante in genere abbia la funzione di offrire al giudice una valutazione di fatti già probatoriamente acquisiti, può anche costituire fonte oggettiva di prova quando sia volta all’accertamento di situazioni rilevabili solo con il concorso di determinate cognizioni tecniche. «In tale ipotesi, il rifiuto della sua ammissione sotto il profilo del mancato assolvimento, da parte dell’istante, dell’onere probatorio di cui all’art. 2697 c.c., costituisce un’aporia logica, perché viene imputato alla parte di non avere provato ciò che le è stato impedito di provare nonostante lo abbia allegato e ritualmente richiesto».

Perciò la Corte torna ad affermare il principio per cui «il provvedimento che dispone la consulenza tecnica rientra sì nel potere discrezionale del giudice del merito, ma va contemperato con l’altro principio secondo cui il giudice deve sempre motivare adeguatamente la decisione adottata su una questione tecnica rilevante per la definizione della causa, con conseguente sindacabilità in sede di legittimità, sotto il profilo della mancata adeguata motivazione, della decisione di procedere (o non procedere, come nel caso in esame) alla richiesta di intervento di ausiliare tecnico in materia». Nell’esercizio del potere discrezionale di ricorrere o meno ad una consulenza tecnica d’ufficio, il giudice deve dimostrare, motivando il rigetto dell’istanza di ammissione, «di poter risolvere, sulla base di corretti criteri, i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione, senza potersi limitare a disattendere l’istanza sul presupposto della mancata prova dei fatti che la consulenza avrebbe potuto accertare».

Il mancato espletamento di una consulenza medico-legale costituisce quindi una carenza nell’accertamento dei fatti da parte del giudice di merito, che si traduce in un vizio della motivazione della sentenza, in tutte quelle controversie che necessitano, per il loro contenuto, che si proceda ad un accertamento tecnico, specie a fronte di una domanda di parte in tal senso.

Pertanto il ricorso è accolto è la sentenza è cassata con rinvio.

Cassazione civile sez. III, 29.12.2023, n. 36504