Efficacia della sentenza penale di assoluzione perché “il fatto non sussiste” nel giudizio civile

di Chiara Paris -

Con ordinanza n. 9204 dell’8 aprile 2025, la terza sezione della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso proposto da una dottoressa avverso la sentenza di condanna al risarcimento dei danni patiti da una coppia di coniugi, a seguito della morte del loro bambino prima del parto.

Nel caso di specie una donna, alla 42 settimana di gestazione, veniva ricoverata in ospedale, dove il quinto giorno veniva accertata la morte del feto che, da un monitoraggio effettuato la sera prima, risultava ancora vivo. Ne conseguiva un processo penale a carico della dottoressa in servizio in quei giorni in ospedale, la quale, dopo essere stata condannata in primo grado, veniva assolta in appello con la formula secondo cui “il fatto non sussiste”. Nel giudizio penale si erano inizialmente costituiti parte civile sia la donna sia il marito, che vi avevano poi rinunciato per intraprendere un autonomo giudizio di risarcimento del danno. Infatti, conclusosi il giudizio penale, i due coniugi avevano agito in giudizio contro la dottoressa e l’azienda ospedaliera regionale.

In primo grado, il Tribunale rigettava la domanda formulata dagli attori dal momento che nel procedimento penale a carico della dottoressa si era formato il giudicato, con sentenza di assoluzione. In secondo grado, la Corte d’Appello, ritenendo che il giudice civile non è vincolato dal giudicato penale e che è dunque libero di rivalutare i fatti, riformava la decisione, condannando l’appellata a risarcire i danni patiti dagli appellanti. La dottoressa proponeva quindi ricorso per Cassazione.

Facendo proprio un principio espresso dalle Sezioni Unite (Cass., S.U., 26 gennaio 2011, n. 1768), la Suprema Corte ha sancito che la sentenza penale irrevocabile di assoluzione, perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non lo ha commesso o perché il fatto è stato compiuto nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facoltà legittima, pronunciata in seguito a dibattimento con la partecipazione del danneggiato come parte civile (o in un procedimento nel quale questi sia stato messo in condizione di parteciparvi), ha efficacia di giudicato nel giudizio civile per le restituzioni ed il risarcimento del danno. Secondo una recente pronuncia, infatti, “al giudice civile è, dunque, precluso procedere ad una diversa ed autonoma ricostruzione dell’episodio, ma non di indagare, ai fini della cognizione ad esso rimessa, su altre modalità del fatto non considerate dal giudice penale, così come sull’accertamento dell’elemento soggettivo del fatto, giacché non è determinativa di un vincolo la formula assolutoria, resa in coerenza con l’accertamento in concreto, “perché il fatto non costituisce reato” (Cass. civ., sez. III, 12.9.2022, n. 26811).

Nel caso di specie i coniugi avevano preso parte al processo penale nel corso del quale era stato accertato che la causa della morte del feto era riconducibile alla torsione, intorno al collo del bambino, del cordone ombelicale. La Corte d’Appello, invece, ha ritenuto che la morte fosse dovuta alla sopravvenuta senescenza ed esaurimento della funzione della placenta, ricostruendo in maniera diversa il nesso causale. Tuttavia, secondo la Suprema Corte, in questo modo la Corte d’Appello avrebbe violato il principio secondo cui l’accertamento del giudice penale, passato in giudicato, circa l’insussistenza del fatto vincola il giudice civile, che non può considerare il fatto come esistente. Il fatto, oggetto di accertamento da parte del giudice penale, corrisponde all’elemento oggettivo del reato, ossia alla condotta, all’evento ed al nesso di causa. Per cui, in caso di assoluzione, il giudice civile è vincolato alla spiegazione causale accertata dal giudicato penale ed egli può rivalutarla solo secondo i criteri civilistici, ad esempio ritenendola sufficiente in quanto probabile, ma non può sostituire a quella spiegazione causale una diversa spiegazione, poiché diversamente porrebbe alla base della decisione un fatto diverso da quello accertato con efficacia di giudicato.

Anche ammettendo il potere del giudice civile di rivalutare completamente l’individuazione del nesso causale, nel caso di specie la decisione impugnata è risultata del tutto immotivata, in quanto la Corte d’Appello ha ritenuto che la morte fosse riconducibile alla senescenza della placenta sulla base della relazione di un consulente di parte, cui la stessa ha aderito in maniera apodittica, senza effettuare un’analisi comparativa con le diverse spiegazioni causali emerse in corso di causa (cfr. Cass. Civ., 26/05/2021, n. 14599). La scelta dei giudici penali di privilegiare la spiegazione causale del cordone ombelicale, invece, era basa sull’evidenza che la morte era stata improvvisa, in quanto la sera precedente il monitoraggio dava ancora come vivo il feto, e che lo stesso era stato trovato con il cordone avvolto al collo.

La Corte di Cassazione, pertanto, ha accolto il ricorso proposto dalla ricorrente, cassando la decisione impugnata con rinvio.

cass 9204 del 8 aprile 2025 oscurata