Divieto di commistione tra disciplina consumeristica e fattispecie di responsabilità di cui agli artt. 2043 e 2050 cc

di Marta Obinu -

Un uomo ultrasettantenne si sottoponeva alla somministrazione di un vaccino antinfluenzale, a seguito della quale sviluppava una grave encefalomielite.

L’uomo agiva, quindi, in giudizio nei confronti della società farmaceutica che aveva commercializzato il vaccino, dolendosi del fatto che il farmaco era stato posto in commercio senza una preliminare verifica circa la sussistenza di misure idonee ad evitare danni e chiedeva, pertanto, il risarcimento del danno subito.

Il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda attorea, qualificando la fattispecie come responsabilità extracontrattuale del produttore ai sensi degli artt. 114 ss. del D.Lgs. n. 206/2005, e condannava la società farmaceutica a risarcire il danno nella misura di 312.680,00 euro nei confronti delle eredi del danneggiato, che nelle more del processo era deceduto.

In secondo grado la Corte d’Appello di Lecce confermava la sentenza di primo grado sulla esistenza della difettosità del vaccino e sul nesso di causalità tra somministrazione ed encefalopatia post-vaccinica, avvalorando la qualificazione della responsabilità addebitabile alla industria farmaceutica in termini di responsabilità ex art. 2043 cc. La Corte affermava, dunque, che il produttore non aveva fornito la prova liberatoria dell’inesistenza del difetto al momento della messa in circolazione del prodotto, o che all’epoca non era riconoscibile in base allo stato delle conoscenze tecniche scientifiche, avendo la società farmaceutica, altresì, “l’obbligo di dimostrare… gli aggiornamenti degli studi scientifici e il perseverare nello studio di possibili conseguenze negative”, sostanziandosi l’esistenza del difetto “nella carenza di esigibili studi clinici aggiornati sugli effetti del vaccino nella popolazione anziana con comorbilità di diabete, cardiopatia e discopatie, come nel caso in esame”.

La ricorrente affida le sorti dell’impugnazione a due motivi, il secondo dei quali viene assorbito a seguito dell’accoglimento del primo. Con tale motivo la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 117, 118 e 120 del D.Lgs. n. 206/2005 e dell’art. 2050 cc laddove la Corte territoriale ha ritenuto sussistente la responsabilità dell’industria farmaceutica in base ad una pluralità di criteri di giudizio estranei al perimetro delle disposizioni sulla responsabilità da prodotto difettoso.

La Corte di Cassazione dichiara, pertanto, fondata la censura precisando che il regime di responsabilità applicabile non può essere costruito come una sorta di patchwork di regole, tratte da differenti contesti e tra loro sovrapposte.

Premessa la differenza tra difettosità e pericolosità, difatti, la Corte chiarisce che la responsabilità del produttore possiede natura presuntiva, dovendo il produttore, per andarne esente, dimostrare che il difetto fonte del danno non esisteva al momento della messa in circolazione del prodotto, non gravando sullo stesso l’ulteriore e successivo obbligo di aggiornamento degli studi scientifici. Diversamente, l’art. 2050 cc è ipotesi di responsabilità oggettiva, dove solo la dimostrazione del caso fortuito libera da responsabilità l’esercente di attività pericolose, il quale, dunque, risulta destinatario dell’obbligo di massima cautela e aggiornamento costante sulle misure idonee a prevenire il danno.

Pertanto, sebbene ai sensi dell’art. 127 cod. cons., la legislazione consumeristica rendere possibile per il danneggiato il ricorso a regimi di responsabilità diversi da quello disciplinato dagli artt. 114 e ss. cod. cons. – come d’altronde ribadito dalla stessa Corte di Giustizia -, detto regime alternativo, una volta individuato sulla scorta dei fatti allegati e provati, dovrà, però, trovare applicazione in coerenza con la disciplina per esso specificamente dettata dal legislatore, senza potersi operare commistioni tra regimi di responsabilità diversamente regolati.

Il ricorso viene quindi accolto e la causa rinviata alla Corte di merito in nuova composizione.

Cass. 8224.2025