Diagnosi errata, “patema d’animo”, insussistenza del nesso di causalità

di Giulio Biancardi -

Una donna era ricoverata in Pronto Soccorso, dove i medici sbagliavano la diagnosi. Poi era trasferita presso una diversa struttura sanitaria, presso la quale subiva un intervento chirurgico.

La paziente e il figlio agivano in giudizio contro la prima struttura chiedendo il risarcimento del danno morale patito in conseguenza del patema d’animo, provato da entrambi nell’apprendere del grave ed imminente pericolo della vita della paziente.

I giudici di merito rigettavano la domanda, in ragione dell’assenza di un nesso causale tra il mancato tempestivo trattamento delle patologie, rispetto allo stress e il turbamento connessi alla diagnosi e al trattamento chirurgico.

Essi ritenevano gli errori dei medici indifferenti rispetto all’insorgenza di tali patemi d’animo, che invece trovavano un diretto antecedente causale nelle pregresse patologie di cui la paziente era affetta al momento dell’accesso al Pronto Soccorso.

Infatti, se anche i medici li avessero informati fin da subito che la paziente era in pericolo di vita, e che si sarebbe dovuta sottoporre a un intervento rischioso, i danni morali non sarebbero stati evitati.

Investita del ricorso per cassazione proposto dall’attore, la S.C. ne rigetta i primi due motivi, che aggredivano la ratio decidendi relativa all’insussistenza del nesso causale. La Corte tra l’altro esclude la sussistenza delle lamentate violazioni delle norme sulla prova per presunzioni.

La S.C. dichiara inammissibili il terzo, il quarto e il sesto motivo, in quanto volti a censurare elementi diversi dalla ratio decidendi della sentenza impugnata. Dichiara in parte infondato in parte inammissibile il quinto motivo, relativo alle spese di lite.

La S.C. pertanto rigetta il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento di spese e compensi, nonché al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

Cass. civ., sez. III, 27 luglio 2024, n. 21068 testo (1)