DECORRENZA DELLA PRESCRIZIONE DEL DIRITTO AL RISARCIMENTO DEL DANNO DA TALIDOMIDE

di Davide Maurelli -

Nel 2008, una donna, avvocato di professione e affetta sin dalla nascita da agenesia – ossia la mancanza totale o parziale di un organo –, presentava istanza per ottenere l’indennizzo di cui all’art. 2, co. 363, l. 244/2007. Nel 2010, l’istante veniva sottoposta ad accertamento medico da parte della competente Commissione Medica Ospedaliera.

Successivamente, la donna conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Venezia il Ministero della Salute, invocando l’accertamento della responsabilità ai sensi dell’art. 2043 c.c., per non aver il dicastero impedito la commercializzazione del farmaco Sedimide o, comunque, di tutti i farmaci contenenti Talidomide e chiedendo, per l’effetto, la condanna dell’amministrazione al risarcimento dei relativi danni.

A sostegno della propria pretesa, l’allora attrice deduceva che l’amelia brachiale sinistra e l’emimelia trasversa intercalare dell’arto superiore destro di cui era affetta fossero ascrivibili all’assunzione del farmaco Sedimide da parte della madre nel periodo di gravidanza. Inoltre, la donna precisava che il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno decorresse dall’1.10.2008, e cioè dalla data in cui la stessa aveva ricondotto eziologicamente le proprie malformazioni congenite all’assunzione materna del Talidomide e aveva presentato domanda per l’indennizzo, e che il predetto termine fosse stato interrotto in data 18.12.2012.

Il Tribunale di Venezia rigettava la domanda, rilevando, contrariamente a quanto dedotto dall’allora attrice, l’intervenuta prescrizione ai sensi dell’art. 2947 c.c.

Avverso la sentenza del primo giudice, la donna proponeva impugnazione dinanzi alla Corte d’Appello veneziana. Si costituiva, quindi, il Ministero della Salute, reiterando integralmente le difese già svolte in primo grado.

La Corte territoriale di merito rigettava il gravame, confermando, quindi, l’intervenuta prescrizione.

La donna decideva di presentare ricorso per cassazione, affidandolo a due motivi.

La Corte di Cassazione ha dichiarato infondati entrambi i motivi di ricorso, ritenendo adeguatamente motivata la decisione della Corte territoriale lombarda, che aveva accertato – in via presuntiva – una conoscenza sufficiente da parte della danneggiata del nesso causale tra la propria malformazione e l’assunzione del farmaco, già durante il percorso universitario o, al più tardi, nei primi anni di praticantato forense e, quindi, ben prima della presentazione della domanda per l’ottenimento dell’indennizzo.

In particolare, gli ermellini, pur dando atto dell’esistenza di un orientamento giurisprudenziale che fa decorrere la prescrizione dalla presentazione della relativa domanda amministrativa, hanno ribadito che tale principio può essere superato qualora vi sia la prova, anche presuntiva, della pregressa conoscenza del danno e della sua origine.

Tuttavia, in ragione della complessità della materia e della non univocità della giurisprudenza, la Corte ha disposto l’integrale compensazione delle spese di lite, richiamando il principio di cui alla sentenza della Corte Costituzionale n. 77/2018.

In particolare, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso, ma, in considerazione della non univocità della giurisprudenza di legittimità in tema di dies a quo della prescrizione per patologie da Talidomide, compensava integralmente le spese di lite del giudizio di cassazione.

Cass. 24026_2025 – MAURELLI