La personalizzazione del danno iatrogeno differenziale in caso di perdita totale di un organo di senso o della relativa funzione.

di Patrizio Cataldo -

Una paziente veniva sottoposta, presso un ospedale toscano, ad un intervento di asportazione di un meningioma sulla regione oculare destra, a seguito del quale perdeva del tutto la vista, nonostante l’originaria inesistenza di alcuna patologia a carico dell’occhio sinistro.

La paziente adiva in giudizio l’azienda ospedaliera ottenendo, in primo grado, il risarcimento integrale dei danni subiti, consistenti nella perdita integrale della vista. La Corte di Appello riformava la sentenza di prime cure, riducendo il quantum del risarcimento, sull’assunto che la perdita della vista dell’occhio destro doveva ricondursi ad una normale complicanza dell’operazione e, di conseguenza, la responsabilità della struttura era legata al grave danno subito dall’occhio sinistro.  La Corte di Appello liquidava esclusivamente il danno differenziale iatrogeno – pari alla differenza tra il danno relativo all’intera lesione e quello riferito alla lesione ineliminabile, con relativa decurtazione di 28 punti di invalidità permanente rispetto ai 90 punti complessivi – quantificato in Euro 687.000 rispetto agli Euro 808.000 inizialmente attribuiti dal Tribunale ed escludendo, in assenza di prove specifiche fornite dall’attrice, l’incremento del risarcimento a titolo di personalizzazione del danno.

La Corte di Cassazione, con la presente ordinanza, ha precisato in primo luogo che il danno iatrogeno consiste nell’aggravamento, per imperizia del medico, di postumi che sarebbero comunque residuati, seppur in misura minore ed ha evidenziato, in secondo luogo, che nel caso di specie non si è prodotto un aggravamento anatomo-funzionale del danno aggiunto (c.d. maggior danno) ma la perdita totale della funzione visiva.

Secondo la Suprema Corte occorre distinguere il mero aggravamento di una malattia che colpisce un organo di senso – indebolendone o attenuandone l’efficacia – dalla perdita totale del senso (o della funzione) corrispondente: la liquidazione del secondo tipo di danno non può limitarsi ad una mera differenza quantitativa (corrispondente ad una minorata efficacia funzionale), dato che in tal modo non si terrebbe conto del tenore qualitativo delle conseguenze dannose connesse a lesioni che si riflettono sugli equilibri emotivi- affettivi del soggetto e sulla trama relazionale che ne sostanzia l’esperienza di vita.

La Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata, statuendo che il giudice di merito, dopo aver quantificato il danno differenziale, avrebbe dovuto procedere alla personalizzazione del danno non patrimoniale al fine di valorizzare la perdita del senso (o della funzione) quale fatto suscettibile di trasfigurare, qualitativamente, in una nuova realtà, la diversa entità del mero danno differenziale.

cass civ n 16328 del 17 giugno 2025 oscurata