Il familiare deceduto del paziente deceduto. Risarcimento del danno iure hereditatis relativo al danno iure proprio da perdita del rapporto parentale

di Stefano Corso -

Nel 1984, a seguito di una trasfusione di sangue infetto, un paziente moriva per via della conseguente patologia epatica. Prima della presentazione della richiesta di indennizzo ai sensi della l. n. 210/1992, nel 2008 moriva anche la moglie. I due figli, eredi, presentavano la domanda amministrativa di indennizzo e la Commissione Medica Ospedaliera riconosceva il nesso tra la trasfusione e il decesso del padre. Nel 2009 inviavano una diffida al Ministero della salute, chiedendo il risarcimento dei danni subiti, in proprio e in qualità di eredi di entrambi i genitori, e l’anno successivo agivano in giudizio nei confronti del Ministero, domandandone la condanna al risarcimento dei danni subiti iure proprio e iure hereditatis.

In parziale riforma della decisione del giudice di primo grado, la Corte d’appello di Roma riteneva non prescritto il diritto al risarcimento del danno azionato dai figli iure proprio per perdita del rapporto parentale, mentre confermava l’estinzione per prescrizione dei diritti fatti valere in qualità di eredi tanto del padre quanto della madre. In particolare, riteneva che il diritto al risarcimento del danno patito dalla donna si fosse prescritto in quanto ella non aveva richiesto in vita il risarcimento.

Avverso il provvedimento della Corte territoriale il Ministero della salute proponeva ricorso per cassazione, mentre i figli del de cuius resistevano con controricorso, proponendo a loro volta ricorso incidentale.

La Cassazione ribadisce dunque l’orientamento secondo cui, «in caso di fatto illecito plurioffensivo, ciascuno dei danneggiati è titolare di un autonomo diritto all’integrale risarcimento del pregiudizio subito, comprensivo, pertanto, sia del danno morale che di quello “dinamico-relazionale”; ne consegue che, in caso di perdita definitiva del rapporto coniugale e parentale, ognuno dei familiari superstiti ha diritto ad una liquidazione inclusiva di tutto il danno non patrimoniale subito, in proporzione alla durata ed intensità del vissuto, nonché alla composizione del restante nucleo familiare in grado di prestare assistenza morale e materiale, avuto riguardo all’età della vittima ed a quella dei familiari danneggiati, alla personalità individuale di costoro, alla loro capacità di reazione e sopportazione del trauma e ad ogni altra circostanza del caso concreto, da allegare e dimostrare (anche presuntivamente, secondo nozioni di comune esperienza) da parte di chi agisce in giudizio, spettando alla controparte la prova contraria di situazioni che compromettono l’unità, la continuità e l’intensità del rapporto familiare».

Accogliendo la censura dei ricorrenti incidentali, la Cassazione evidenzia come, nel caso di specie, i germani avessero richiesto il risarcimento, nel 2009, anche in relazione al diritto della madre al risarcimento del danno iure proprio, preteso da loro iure hereditario. Tale posta risarcitoria dovuta alla vittima secondaria, pur non richiesta giudizialmente dalla madre, è entrata nel patrimonio della de cuius ed è perciò trasmissibile agli eredi come credito ereditario.

Viene invece respinta la censura di cui al ricorso principale, secondo cui il giudice a quo non avrebbe operato sulla somma liquidata a titolo risarcitorio lo scomputo dovuto delle somme erogate a titolo di assegno una tantum ex lege n. 210/1992. Richiamando la giurisprudenza di legittimità, si osserva che l’indennizzo può scomputarsi solo se sia stato effettivamente versato o, comunque, determinato nel suo preciso ammontare o determinabile in base a specifici dati, della cui prova è onerata la parte che eccepisce il lucrum. Poiché «la citata compensazione non può operare qualora la somma non sia stata corrisposta e tantomeno determinata o determinabile, in base agli atti di causa, nel suo preciso ammontare, per cui, mancando la prova della somma esattamente versata, quest’ultima non può avere luogo», e, nel caso in esame, il Ministero ha solo argomentato che si trattava di una somma prestabilita per legge, non vi può essere compensatio lucri cum damno, restando non dimostrato l’effettivo pagamento.

Pertanto la sentenza impugnata è cassata con rinvio, in relazione al motivo accolto del ricorso incidentale.

Cass. civ., Sez. III, Ord., 27.6.2024, n. 17785